BANCHE ETICHE ANCHE IN TICINO?
Politiche sociali: cambiare, ma come? Il dibattito continua

Di Mimi Lepori Bonetti



Revisione dei compiti dello Stato, nuovo riconoscimento al settore non profit, strategie per cercare nuovi modi per il finanziamento delle assicurazioni sociali, nuovi modi per riorganizzare le politiche sociali. Ecco, non passa giorno senza che rapporti specialistici o articoli di quotidiana lettura ci propongano la loro ricetta. Anche la rivista di Caritas Insieme durante il 1996 ha dato il suo contributo. Ho avuto modo di intervistare alcune persone attente ai mutamenti in atto nello Stato sociale e credo che, anche per quest'anno, valga la pena di continuare questa serie di articoli che si muoveranno essenzialmente su due livelli di riflessione. Il primo livello porterà il nostro interlocutore a rispondere alla domanda, diventata ormai classica: d'accordo dobbiamo cambiare, ma come? e il secondo livello vorrà meglio esplorare il significato di quella realtà non profit che noi crediamo valga la pena di essere meglio capita. Ecco, questo sarà il mio contributo alla Rivista per questo 1997 , dato dal mio nuovo osservatorio, la CONSONO che avrà come partner privilegiato tutte quelle associazioni e quelle fondazioni che da anni operano sulla scacchiera delle socialità in Ticino.


LE BANCHE ETICHE ANCHE IN TICINO?

Il settore non profit in Ticino, salvo qualche rara eccezione, e praticamente finanziato dalla leggi sociali che in questi ultimi venti e passa anni sono state accolte nel Parlamento federale e cantonale. Una miriade di servizi, enti, strutture, istituzioni che possono accogliere le persone che ne hanno bisogno, possono lavorare grazie al fatto che lo Stato attraverso le diverse legge ne assicura il finanziamento. Spesso quando leggo i preventivi o i consuntivi di queste strutture mi chiedo: e se lo Stato, proprio perché si trova in difficoltà dovesse modificare le leggi sociali, spostando la percentuale del finanziamento o chiedendo al gestore di quella struttura, normalmente una fondazione o una associazione di assumere annualmente una fetta maggiore di finanziamento?

Se lo Stato non potesse più sussidiare le attività, come faremo noi del privato sociale a garantire la stessa qualità nelle prestazioni?
È un esercizio, speriamo solo teorico, che dovremo compiere, proprio per sentirci partecipi fino in fondo del momento politico attuale. Lo Stato non può da solo pensare alla soluzione di questo problema. Affermare che lo Stato deve rivedere i suoi compiti, affermare che il non profit deve diventare profit vuol dire anche saper pensare a nuovi modelli di finanziamento.

Alcuni dati, presi frettolosamente dal giornale "Il sole 24 ore" dell'inizio del 96 mi avevano particolarmente interessato: in Francia e in Germania il non profit ha raggiunto il 4% del PIL (prodotto interno lordo). Negli Stati Uniti il settore occupa più di 8 milioni di persone (senza i volontari) e rappresenta il 5% del PIL.

Sarebbe importante poter capire a che livello il non profit si gioca anche in Svizzera, comunque credo che proprio per la ricchezza di associazionismo presente nel nostro Paese i dati non potranno che confortarci nella nostra riflessione. Ma come assicurare il finanziamento di questo settore che in moltissimi Paesi sta assumendo un ruolo politico importante. In alcuni Paesi, proprio nel tentativo di finanziare questo settore (Olanda, Germania, Inghilterra, USA, Italia e timidamente anche in Svizzera) sono nate le Banche etiche. Proprio per il clima politico e culturale in cui sono nate, molte di queste banche sono sensibili alla salvaguardia di esperienze e temi legati maggiormente alla protezione dell'ambiente e ai bisogni dell'agricoltura. In questi ultimi anni però, in considerazione delle difficoltà finanziarie dello Stato sociale, la riflessione si sta facendo puntuale e stanno nascendo delle banche specifiche per il settore non profit. Appunto le banche etiche che, come le altre banche, dovranno raccogliere e impiegare i soldi. La differenza sta nel fatto che le banche etiche non solo forniranno le garanzie per un impiego etico dei capitali, ma garantiranno una trasparenza assoluta nelle diverse operazioni a favore di quelle organizzazioni che non hanno scopertine/copo di lucro.

Nell'ultimo articolo, apparso appunto sulla rivista di dicembre '96, ho parlato di "enveloppe budgetaire" e di controllo di garanzia nel sociale: la riflessione di oggi, che va approfondita, parla di banche etiche. Sono idee, espresse ad alta voce per creare dibattito attorno al tema del finanziamento del settore non profit, un tema che ci tocca da vicino.